Una citazione al giorno

Una citazione al giorno -
Data Rivoluzionaria

Sezione interviste

Le persone fanno domande sulle scuole libertarie, segno che l'interesse riguardo a un'educazione che sia veramente tale, umana, è crescente e concreto. Spesso mi rivolgono domande in modo fugace, segnate da un sottinteso che suona come un 'rispondimi velocemente che non ho molto tempo adesso', e così anche le mie risposte non possono che seguire l'esigenza richiesta di una sintesi estrema, cosa difficilissima da fare in un campo che meriterebbe una misura di tempo più adeguata. Mi richiedono delle interviste, così ho inaugurato un'altra sezione (giù, sotto tutti i post della pagina), chi è interessato potrà trovare più facilmente forse quelle risposte che avrebbe voluto ricevere da me. L'ultima intervista è quella richiesta dal sito 'Intersezioni', che ringrazio. La trovate linkata nella sezione più giù, oppure cliccando QUI. Grazie anche a voi per quell'interesse di cui l'umanità ha urgentemente bisogno.

Germogli

Una mia ex studentessa così mi scrive:
'L'altra mattina pensavo ai suoi metodi di insegnamento che noi alunni giudicavamo "strani" e solo ora capisco, mi rendo conto di quanto fossero giusti e davvero costruttivi'.
Potremmo tutti pensare a quel modo di dire che recita più o meno così: l'importante è piantare i semi, qualcuno poi germoglierà. Ma penso non sia del tutto corretto come concetto. Parlando in termini umani, ogni seme preesiste, la natura lo crea e gli dà l'informazione genetica, che è poi quel 'progetto di vita' che ogni individuo porta con sé. Un progetto diverso per ognuno. Io non interro semi, semmai li tiro fuori da un certo tipo di terreno. Quello che cerco di fare -con tutti i limiti che sappiamo dato il luogo dove mi trovo- è invece offrire al seme un terreno diverso, curarlo, alimentarlo di sostanze nutritive, dare spazio vitale, opportunità di autonomo sviluppo a quel progetto di vita irripetibile. I germogli non devono incontrare ostacoli, essi sanno cosa devono fare, come devono crescere, come orientarsi. Può sembrare paradossale, ma non lo è:  un seme, se decide di germogliare come è suo scopo, non ha bisogno di giardinieri e di consorzi agrari. In questo senso concepisco la mia idea di 'descolarizzazione della società', certamente unita a una necessità di apprendimento incidentale, anch'esso cosa naturale e urgente.
Dicevo che il germoglio non dovrebbe incontrare ostacoli capaci di soffocarlo o di modificarne l'orientamento naturale, in questo frangente però -come negli altri- gli ostacoli ci sono stati, tanti, e fili spinati, e percorsi obbligati, dovuti tutti alla struttura scolastica tradizionale, al suo modello, ma tra divieti e imposizioni e paure inculcate, questo germoglio ha deciso autonomamente di riflettere oggi sul suo percorso di crescita e di sforare i limiti, oltrepassare gli ostacoli, e riprendere l'inclinazione naturale che è stato costretto a lasciare quando aveva tre anni di età: la natura vuole vincere sulle coercizioni, sulle barriere, sulle convenzioni. Ha già vinto. La ragazza oggi ha 16 anni, mi chiede di poter parlare con lei di questi temi, ha necessità di comprendere ancora di più certi snodi, chiede in fondo a se stessa di essere più consapevole. Ancora una volta ci sarò, perché me lo ha chiesto.

Problemi di spazio?

Fuori dalle quattro mura domestiche, nell'ora in cui decido di impiegare il mio tempo libero all'aria aperta con nuove riflessioni per il mio libro, Thomas (12 anni) mi vede da lontano, si stacca dagli amici, mi si avvicina ('ciao, prof'!), e decide a sua volta di impiegare un po' di tempo con me. Ora, è certo che questo ragazzino abbia anche i suoi dilemmi, come tutti del resto, ma che si tratti di dilemmi relativi alla Storia dell'Arte, fuori dall'èra scolastica, mi ha onestamente sorpreso. Ognuno ha il diritto di risolvere i propri problemi, ma la questione di Thomas mi ha travolto intellettualmente e non ho potuto fare a meno di condividere con lui il suo dilemma. Venendo al sodo, Thomas, mettendo in parallelo i concetti più profondi dell'arte ellenistica con quella astratta (ah! quale ardito volo!), mi ha chiesto spiegazioni circa l'idea di spazio e di come questo possa diventare il limite per l'essere umano. Capirete dunque la mia sorpresa e il mio interesse. Avendo con me materiale per scrivere, e temendo di non seguire completamente il filo logico di Thomas, mi sono appuntato le frasi-chiave man mano che Thomas parlava. Una di queste frasi è proprio: 'io penso che lo spazio sia il limite dell'Uomo'. Ha detto proprio il limite, non un limite. La differenza è sostanziale. Onestamente, un'affermazione del genere l'ho letta soltanto in certi testi scritti non proprio per un ragazzino di 12 anni. Così mi sono premurato a chiedergli il motivo di quella affermazione. 'Ma certo' -mi risponde- 'perché io penso che tra la realtà e la fantasia c'è lo spazio'. Per essere sicuro di aver capito bene, gli chiedo perciò se intende lo spazio come un ostacolo posto tra noi e la nostra fantasia. 'Sì' -dice- 'lo spazio è come un muro, quindi l'arte astratta, dato che non contempla la realtà, forse ci insegna ad andare oltre quel muro, oltre lo spazio'. Fate pure tutte le considerazioni che volete, il discorso poi l'ho deviato su Lucio Fontana (cosciente della mia logica schifosamente accademica), ma al momento di salutarci gli ho promesso che avrei riflettuto sulle sue considerazioni, e che ci saremmo ritornati sopra.
Volete sapere una cosa? Thomas viene considerato dalla scuola un ragazzo assai problematico, introverso, scontroso, anche 'pericoloso, strano e inquietante' (testuale di una collega), invece è solo più profondo rispetto alla norma, ma questo suo essere oltre lo spazio normale (normato) non è ben visto dagli standard sociali, non viene capito, né digerito, perciò secondo la scuola Thomas va punito e puntellato o addirittura -come si è già purtroppo prospettato in un consiglio di classe- consegnato a uno specialista dell'Asl perchè riscontri e certifichi in lui i disturbi mentali che i miei colleghi dicono di vedere. Io invece vedo soltanto una persona che vuol ragionare sulle cose, forse a modo suo, con una logica tutta sua, ma perché punirlo per questo? Ce ne fossero, dico io!

Gustavo Esteva

'...A quel punto, sia mia figlia che noi genitori sapevamo che il problema non è la qualità della scuola, ma la scuola stessa. Per quanto riconfigurassimo l’aula, il programma di studio, ecc., la scuola rimaneva il problema e non la soluzione. Per quanto la nostra scuola fosse libera, per quanto fossero belli l’albero e il giardino che sostituivano l’aula, per quanto gli insegnanti fossero aperti e creativi, la nostra scuola era ancora una scuola. (Illich l’avrebbe messo in luce con estrema chiarezza nel suo Descolarizzare la società, come ho scoperto molti anni dopo)'.

Lettori fissi